editoriale

Il “Mago” della Chirurgia Vertebrale, dott. Carlo Formica, lascia l’Ospedale San Martino di Genova

L’ospedale più grande d’Europa perde un altro pezzo importante: si tratta del prof. Carlo Formica, Responsabile del  modulo semplice della chirurgia vertebrale,  che non avendo potuto esprimere appieno la propria professionalità ha sbattuto definitivamente la porta.  Il Prof. Formica ha firmato le Dimissioni dall’Ospedale San Martino e la Direzione le ha accettate. E tutto mentre a livello regionale si tenta di recuperare “luminari” ortopedici per la formazione di professionisti ultraspecializzati.

Il prof. Formica da qualche anno collabora con clicmedicina e ha scelto il “suo giornale on line” per spiegare il perchè di queste dimissioni.
Perchè lascio
Le motivazioni sono tante e si sono tutte lentamente e senza esitazione alcuna presentate negli ultimi anni.
Dire che lascio melanconicamente, con un senso di frustrazione e tanti rimpianti non è vero.
I rimpianti fanno parte della vecchiaia, di quello che non si può più fare.
E io in tal senso rimpianti non ne ho. Se mai tanti ricordi di intenso lavoro e studio. Ma soprattutto tanti risultati positivi e riconoscimenti dal nostro principale interlocutore: il malato.

L’Attività Clinica e Scientifica del Prof Carlo Formica
Certamente un lungo ed affascinante percorso su una patologia difficile : la colonna vertebrale.
In epoche lontane , parliamo del 1985/86 , l’allora mio Primario Prof. Luciano Benedetti-Roncalli , poeta e illuminato ortopedico , fu lungimirante nel cogliere la necessità di ricercare nelle ultraspecializzazioni il progresso della nostra specialità : chirurgia del ginocchio, anca, mano e rachide dovevano singolarmente trovare un loro filone di approfondimento scientifico e clinico.

Lui proveniente come tanti dal Rizzoli, fu certamente impressionato dalla tecnica chirurgica che il Prof. Belgrano ( suo Primario e altro illustre ortopedico ligure ) applicava nel trattamento chirurgico dell’ernia del disco.

Roncalli allora mi avviò su questa strada.
Era il 1987 quando mi recai per la prima volta dal famoso Prof. Renè Louis di Marsiglia.
Io avrei preferito il ginocchio e all’inizio fui un po’ riluttante ma poi quante soddisfazione e quindi: grazie Luciano. Sì, ci davamo del “tu” . Negli ultimi anni non volle più il “lei”. Mi considerava un suo allievo prediletto e forse come qualcosa di più, lui che non aveva figli.
E io in tal senso cercai di stargli accanto negli ultimi anni di vita e nel doloroso percorso che lo portò alla fine dei suoi giorni.

In quegli anni l’Ortopedia era ancora una branca specialistica chirurgica che abbracciava tutte le patologie ,traumatiche e non, dell’apparato locomotore. Però, appunto, grazie ad alcuni “Maestri” attenti al futuro si stava iniziando una fase di positiva frammentazione.

Non vi erano ancora altre specialità che si avvicinavano al rachide e alcuni Ortopedici che sempre l’avevano praticata incominciarono a dedicarcisi a tempo pieno.
Peraltro oltre al ginocchio e anca, il rachide mi interessava già da parecchi anni. Infatti seguivo anche il lavoro libero-professionale di un altro grande ligure ortopedico: Il Prof. Silvano Mastragostino.
Allora io giovane specializzando della clinica ortopedica “arrotondavo” per così dire il niente . Infatti allora non vi era stipendio e tanto meno borse di studio come ora.
Il Professore aveva bisogno di un giovane ortopedico che potesse seguirlo nella sua attività privata . Forse chissà cercava qualcosa di più: lasciare “cose” della professione che solo si possono imparare rimanendo molto vicini in ambulatorio e sala operatoria a un “Maestro” .
Attraverso la sua forte personalità , esperienza e professionalità imparai il rapporto libero-professione con il malato ma non solo. Spesso lo seguivo al Gaslini in Reparto e sala operatoria.
Fu per me un incontro importantissimo non solo professionale ma anche di vita. E’ lui che mi fece apprezzare e innamorare del mondo dell’arte moderna .
Cercai di “rubargli” il più possibile questo “mestiere” che lui ebbe a definire come il più bel mestiere del mondo . E aveva ragione.
Quindi mi tuffai nella “patologia dell’età di accrescimento” e nel campo interessantissimo della Scoliosi. Settore difficile che ancora oggi mette a dura prova chi si occupa di patologia vertebrale.
Capire la deformità scoliotica , prevenirla e correggerla costituiscono il vero banco di prova per il Chirurgo vertebrale .
Ma veniamo al mio passato recente e al presente.
Non voglio elencare quanto fatto. Restano ricordi e fatti.
Anni di periodi di studio all’estero . Dapprima in Francia poi Germania , Stati Uniti , ecc………
Dal 1989 organizzai a Genova annualmente “Le giornate di aggiornamento in Chirurgia vertebrale” facendo confluire nella nostra città i colleghi italiani e stranieri ove avevo soggiornato.
Erano tempi in cui di patologia vertebrale se ne parlava veramente poco.
I Centri in Italia che si occupavano dell’argomento si contavano sulle dita di una mano. Era sorto il
GIS-Gruppo Italiano Scoliosi ad opera di Mastragostino, Marchetti, Faldini e altri cultori della materia.
Mi associai subito e vissi con entusiasmo e attiva partecipazione il crescere di questa società che definirei veramente gloriosa.
Gli anni passavano, al San Martino vi furono vari cambiamenti ma io restai sempre fermo nella mia attività difendendola con il lavoro rigoroso e con i risultati.
Quando ai convegni sul rachide si parlava di Genova era inevitabile associare il mio nome.
Divenni Segretario alla Presidenza della Società italiana di Ortopedia nel biennio 1983/1984 sotto la presidenza del Prof. Mastragostino ( fu lui a propormi) , consigliere del GIS , fondai a Genova l’ALICO-associazione ligure per lo studio e la cura della colonna vertebrale, e al San Martino ? Chiesi, chiesi, chiesi e alla fine nel Giugno del 1999 ottenni grazie all’allora Direzione illuminata della Dr.sa Pistone e all’appoggio del Direttore della Clinica ortopedica Prof. Pipino ove mi ero trasferito (trasferimento interno al S.Martino) un modulo ( Unità op. semplice di Chirurgia vertebrale) .
Era il primo passo ma era importante.

Il mio Contributo Ultraspecialistico della Colonna all’Ospedale San Martino
Mai al S. Martino un ortopedico, soprattutto se consideriamo che non ero Primario, ottenne dal nulla un qualcosa di così specialistico o almeno simile.
Il lavoro era tanto con sempre nuove tecniche chirurgiche su svariati campi della patologia : degenerativo, traumatico, congenito, neoplastico.
Le collaborazioni con Istituto dei Tumori e tutti i vari reparti fiorivano.
Si misero a punto tecniche chirurgiche con approcci anteriori al rachide abbastanza inconsueti (almeno da noi in Italia) ma sempre con estrema rigorosità. In breve fui etichettato a livello nazionale ( e tuttora lo sono ) come “Formica l’anteriorista”! Sì , è vero con le tecniche chirurgiche anteriori in molte patologie si possono ottenere risultati migliori.
Bisogna credere nella Chirurgia, bisogna testardamente andare avanti contro tutte le idee conservatrici e le varie “cassandre” !
Il mio spostamento in Clinica ortopedica, che coincise anche con quello dell’amico Ferdinando Priano, fu motivato dal fatto che volevo essere costruttivo con i giovani Medici del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e con gli Specializzandi in Ortopedia.
Volevo trasmettere quanto appreso sul rachide, ma soprattutto lanciare il messaggio agli studenti di medicina prima della fine del corso di studi : chi deve occuparsi di Chirurgia vertebrale è primariamente l’Ortopedico. Poi se altre specialità (diciamo affini) vogliono affrontarla, bene a patto che non vengano meno le basi biomeccaniche ortopediche che regolano il funzionamento dell’apparato locomotore umano.
Ci riuscii . Penso di essere uno dei pochi in Italia che ha un insegnamento simile .
E comunque tutto questo: attività chirurgica, ambulatoriale, scientifica e altro solo ed esclusivamente sulle mie spalle con il supporto di alcuni medici specializzandi della Clinica !
Lavorare con i giovani è entusiasmante ed è questo che i politici non capiscono.

Lasciato Solo
Senza forze nuove non si può progredire soprattutto in Medicina.
Sono contento di aver potuto formare valenti ortopedici che poi a malincuore dopo il conseguimento della Specialità venivano assunti da altre amminstrazioni ! Quante volte affrontai l’argomento con l’Ospedale cercando almeno di tenerne uno . Ma nulla e quindi di nuovo si ricominciava senza mai avere un aiuto che potesse in qualche modo sostituirmi !
I “pellegrinaggi” in Direzione, Regione, da vari politici e altri personaggi influenti liguri e non, non si contano. Tutti all’insegna del tentativo di migliorare il mio Centro e poter veramente costituire un pool di medici che potessero oltre che imparare, rimanere e poi un domani portare avanti il mio lavoro.
Promesse tante e basta.
Era difficile emergere al San Martino ma anche al di fuori.
Quando si ventilava qualche possibilità di Primariato ero subito bollato come quello che fa solo la colonna. Cosa non vera perché in campo ortopedico la mia preparazione copriva tutti i settori dell’Ortopedia sia dell’adulto che del bambino.
Molti Amministratori ma anche Colleghi non capirono mai ( e forse non lo capiscono neppure ora ) che è solo attraverso la ultraspecializzazione (non solo fine a se stessa) che si può poi crescere in tutto.
E’ solo attraverso un forte impegno professionale in un particolare settore che poi si possono gestire anche altre patologie. Non troverete mai un Primario tuttofare , sarebbe un idiozia. Se mai deve avere conoscenze scientifico-cliniche generali e specialistiche , capacità gestionali e soprattutto capire chi siano le persone (medici e non) cui affidare competenze particolari .
Io devo comunque molto al S. Martino.
Ho sempre detto che è uno dei più grossi ospedali dell’Europa ( e questo ormai in senso negativo ) ma qui ho trovato tutti i mezzi strumentali e umani per poter sviluppare il mio lavoro.
Ai primordi operare il rachide per via anteriore sembrava una scelta pazza. I colleghi mi guardavano quasi con incredulità e poca convinzione , ma io non mollai e trovai amici chirurghi toracici , vascolari e generali che mi aiutarono nei primi approcci.
E arriviamo così ai giorni nostri.
Situazione nazionale in ambito sanità non certo rosea.
Però paradossalmente l’Italia è un paese invidiato in un certo senso anche dagli stessi americani abituati ad aver sempre a portata di mano le varie carte assicurative se vogliono essere curati e bene ! Ma non vuol dire.
La spesa del comparto Sanità è enorme e ancora una volta non si riesce a meritocratizzare niente e nessuno !!!!
Non entriamo in polemiche ormai trite, ma sapete bene tutti chi va avanti.
Parlano di eccellenza e poi ? Più del mio ultraspecilistico lavoro sul rachide cosa si vuol trovare ? Eppure non basta. Non basta avere in lista di attesa più di 500 pazienti da operare (con la possibilità di operarne un centinaio all’anno !!!) , ambulatori sempre pieni, richieste di frequenza delle sale operatorie da parte di giovani colleghi per seguire e imparare nuove tecniche chirurgiche , partecipazione a congressi nazionali e internazionali come Relatore, ecc…...
E allora che fare ? Lasciare . Ma ribadisco non con malinconia o rimpianti. No assolutamente , ma con nuovi stimoli , tantissimo entusiasmo per vedere di ripartire con una nuova vita non solo professionale. Fortissima è la necessità di vedere cosa c’è al di là della siepe. Vedere se finalmente può esserci una sanità pubblica alternativa, amalgamare giovani di estrazione ortopedica e neurochirurgia, creare insomma il GRUPPO.
Idee ambiziose ma è così che bisogna fare. Senza ambizioni ci si arena e si finisce per non essere più Medici.

Tanti anni fa Mastragostino scriveva: “il medico deve recuperare la propria identità, la propria umanità per poter svolgere appieno il proprio mestiere che è il mestiere più bello del mondo. Occorre fare del Medico negli ospedali un interlocutore vivo e partecipe non inascoltato od ascoltato solo con passeggera sufficienza. Non lasciato nel ghetto dell’isolamento, vittima ogni giorno di più di quel sottile veleno burocratico che si allarga a macchia d’olio nelle sue giornate nelle sue attenzioni nel suo voler essere e fare il medico “.
E terminava : “sembrerò ingenuo ma non è falsa utopia né tabulazione se dico che al di fuori del medico recuperato nel pieno della sua immagine culturale, della sua identità morale, non si inizia a costruire nulla di nuovo, di diverso, di migliore”.

Parole che ancora oggi suonano come macigni.
Io ho provato l’indifferenza dei “potenti” verso il mio lavoro.
E allora basta. Vado via senza sbattere nessuna porta. Ringrazio i malati tutti in primis, i muri, il personale infermieristico, i colleghi del San Martino. Ho vissuto un'esperienza bellissima, mi sono formato e cresciuto, creando dal nulla la Chirurgia vertebrale intesa come deve essere intesa oggigiorno.
Spero di poter creare altrettanto in altri ambienti rimanendo sempre al servizio del paziente nella ricerca di soluzioni migliori .